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Avatar di Claudia Lucca

«Ognuno spera qualcosa. Come nella vita. Non è detto che accada». Vero, purtroppo o per fortuna. Dipende dal finale. E proprio per questo leggo. Perché invece lì, tra le righe di una pagina, si ricompone quanto nella vita è “disunito”. Oppure se non si ricompone, affiorano nuove domande, inattese prospettive. Aspettavo la penultima puntata, mi chiedevo che cosa potesse succedere con "Eyes wide shut". Quante volte ci ho pensato questa settimana. E invece arriva questa puntata diversa. All’inizio mi hai fatto cascare le braccia, scrittore. Ma un secondo dopo la delusione, ho visto la foto, il post-it con scritto Kubrick, sottolineato e con un punto esclamativo, e ancora una volta mi è venuta voglia di ringraziarti. Perché questo viaggio che ci accompagna da maggio non è stato solo un incontro con i personaggi che fra poco saluteremo, non è stato solo un incontro tra scrittore e lettori e fra lettore e lettori, ma anche un incontro con la scrittura stessa. Da dove parte uno scrittore, quale punto di vista assume, quale incipit adotta se non usa “In una notte buia e tempestosa”, quanti possibili e inesauribili modi esistono di focalizzarsi sui personaggi, quanta vita c’è dietro la ricezione del lettore, per chi o per cosa scrive lo scrittore e quanto lui stesso viene modificato da ciò che scrive. Potrei continuare. Allora questa che in prima battuta mi sembrava una non-puntata è una vera puntata. Necessaria. Perciò, come quando si arriva alle ultime pagine di un libro non esiste più nulla intorno, così esisteranno solo le prossime schermate di 1999 venerdì e sabato prossimi, e questa storia - in cui ci sono i nostri quattro ma poi ci sei tu e ci siamo noi e c’è il passato e c’è il futuro - questa storia deciderai tu come concluderla. Forse, come dice Calvino nelle pagine che sono corsa a leggere, ci accorgeremo «che non è verso quel punto che portava l’azione del raccontare, che quello che conta è altrove», ma almeno su quella pagina qualcosa si ricomporrà. Sceglilo aperto, definito, “famolo strano”, ma concludi. Perché se “la vita non conclude”, la scrittura sì. Riesce a farci stare dentro tutto. "Tutto in un punto", in un punto una straordinaria esperienza di creazione di un universo. Sicura che il colore di questo finale diventerà a breve netto e definito, come sempre ti ringrazio.

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Avatar di Beatrice Pascali

E anche questa "puntata non puntata" ha scalzato le altre ed è diventata la preferita. Con 1999 si vede una nuova declinazione del Bildilungsroman, la formazione del lettore.

Pensa che è la prima volta che ne nomino il titolo: ero talmente dentro a quest'opera da averne smarrito i confini!

Non so se valga anche per i miei compagni di viaggio, ma questa volta fra "le funzioni astratte che si incarnano" c'eri ancor più forte e chiaro anche tu, come gli angeli de "Il cielo sopra Berlino".

Grazie per questo curioso spazio di reciprocità.

Grazie di portarci con mano sapiente verso la conclusione, richiamando l'importanza della cornice fra inizio e fine, cosa che aiuterà, forse, a sentirci un po' meno smarriti.

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