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Avatar di Claudia Lucca

È vero, anch'io "preferisco chi sosta nell'indistinto", chi "può ancora -" e l'infinito delle scelte davanti. Ricordo di quando anch'io ero così, un po' come un mollusco sullo scoglio (splendido "La Spirale" di Calvino!) in cerca di vibrazioni che mi aiutassero a scegliere. Mi direi "Ripensaci?". Non lo so, non credo. Non credo di aver distrutto tutto, diventando adulta. Non sono all'altezza del sogno che ho coltivato, ma i sogni sono irrealizzabili per loro stessa natura. Però esiste ancora il puro, l'incondizionato, l'autentico. Alla fine guardo al mollusco di ieri con tenerezza e gli direi solo: Ascoltati! E quello che diventerai sarai sempre più tu. Però... ora basta riflessioni! Che gli facciamo fare a questo solitario? C'era sempre la Veruska della IID oppure l'horror dell'artista oppure una serata col muscoloso... attendo! E come sempre, grazie!

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Avatar di Alma Gattinoni

Una partita di tennis a quattro, divisi dalla rete del tempo. Nel "secondo in cui l'asta del metronomo torna in asse", c'è il prodigio della comunicazione fra i giocatori. Il Signor Spacey adulto e fiaccato e il turbolento ragazzo Kevin, controfigura giovane di sé stesso, che prova la parte allo specchio. Lo scrittore di oggi e l'esordiente che è stato, con il suo "periodico intermittente, saltuario di varietà, in un'unica copia". La posta in gioco è continuare a coltivare il sogno o rinunciarvi. Uno "gnommero", come direbbe Gadda, tra il desiderio di fama, di reputazione, "l'immagine di sé nello sguardo altrui" dell'attore, dello scrittore, da cuccioli. Ma anche il "dare forma" al proprio sogno entusiasta, senza saperne l'esito, unicamente per sé stessi. "Il chi non è ancora, rispetto a chi crede di essere già". Il tutto sulle ali del tempo, che accoglie la dialettica tra la messa in discussione del sogno giovanile e l'elogio dell'indistinto autentico a confronto con la guerra di logoramento, "in questo commercio di adulti che ha sempre, al fondo, qualcosa di insincero e di agonistico". "Ripensaci" con la consapevolezza del poi, "anzi no, non ripensarci", con la fiducia irripetibile dello stato nascente. Esiste una giusta scelta? L'autore a fine partita dà la sua risposta.

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