Discussione su questo Post

Avatar di User
Avatar di Alma Gattinoni

Questi capitoli 3 e 4 di “Matrix”, dopo l’interferenza del presente, sono un coacervo di tensioni concentriche a spirale, che aggirano con maestria i due temi principali del romanzo, il corpo e il tempo, e ne ricavano echi complessi di approfondimento, aprendo alla comparsa di nuovi personaggi contrassegnati solo da epiteti. Attenta ricerca di connessione collega ogni puntata, tenendo conto di alcune anticipazioni. La terza, “Il mondo com’era alla fine del Ventesimo secolo”, riprende lo spunto del riconoscimento a scuola dello scritto del muscoloso, l’ultimo nell’uso della parola, ma artefice dell’intuizione dal film Matrix sugli sviluppi e i pericoli della tecnologia. In realtà va detto che l’insegnante dà un giudizio positivo sul tema, senza aver visto il film. Sullo sfondo della classe “la ragazza fin qui non menzionata” che “ha già imparato a non temere la nudità”, poco coinvolta nel dibattito, insegue il suo gioco ironico di immaginazione dei corpi nudi dei tre compagni. Il solitario riconquista il primato di intelligenza, sottraendosi alla mortificante accusa di spettatore assonnato del film con il suo modo delicato di imporsi, citando George Steiner sul timore dei nuovi secoli bui, il mito delle epoche d’oro del passato e il loro rimpianto, per poi interpretare Matrix come un allarmistico monito sull’anima distruttiva della tecnologia. Ma l’artista sente, senza saperlo spiegare, che c’è ben altro. C’è “annidata una inquietante verità pronta a chiarirsi nel futuro” ed è anche presente un poetico dettaglio struggente nell’ipertrofica macchina apocalittica del film. Morpheus, dalla fine del Ventiduesimo secolo svela all’Eletto che la realtà è una fittizia realtà parallela, ripetizione della vita com’era alla fine del Ventesimo secolo. Ma lo “stravolgimento che attendeva i novecenteschi” era annidato, nascosto, come la cimice che in Matrix si infila nell’ombelico di Neo. Sul desktop di Windows c’era invece un tempo nuovo e vorticoso, “la Grande Accelerazione”, la sorprendente invenzione dell’io digitale e dello smaterializzarsi della materia, il nuovo impalpabile canale per parole immagini suoni e la transeunte vita degli oggetti, con la loro lenta inesorabile scomparsa. Così la fede nella durata delle cose si infrange, alla fine del Ventesimo secolo, contro un senso di perdita, che lascia una stretta al cuore. La quarta puntata, “L’ultimo capodanno”, vede tramontare insieme un secolo e un millennio nella notte del Millennium Bug. Mentre la Regina Elisabetta finge di cantare la canzone dell’addio ai tempi andati e la veste di un bianco elettrico del Papa Giovanni Paolo II si affaccia dalla finestra di San Pietro, la cena-festa dal “compagno con casa libera” si trasforma in una “curiosa bolla di malizia afrodisiaca”, che passa da un corpo all’altro. In particolare, in quest’ultima sera del 1999, ultima sera di secolo e di millennio, il solitario si avvicina alla ragazza “ex-suora” (con tanga inaspettatamente visibile sotto i jeans) che gli strappa la strana promessa, tenera e triste, di un avvenire condiviso, se saranno ancora soli a venticinque o trenta anni. Ma questa proiezione nel futuro a due lascia il posto a un’esplosione rumorosa di felicità collettiva e poi a un momento individuale ed emozionante, in una più grande aspettativa di inizio, con la dimensione giusta di un sedicenne sullo spartiacque della storia. Nell’intreccio di percezioni temporali si insinua il tempo di scrittura dell’autore, in un andirivieni di suggestioni aurorali ritornanti, con esiti sempre più limpidi, dai romanzi del passato ("Dove eravate tutti", "Una storia quasi solo d’amore") a questo esperimento in atto.

Expand full comment
Avatar di Rosaria Fiore

Puntata doppia, questa. Un bottino ricco per noi lettrici e lettori affezionati. Se volessi cercare un comune denominatore a questi due episodi, direi la trasformazione ma anche l’ambiguità del cambiamento, la sua ambivalenza. Si parte dal passato e dalla discussione su Matrix innescata dal muscoloso e poi proseguita dall’artista e dal solitario ("Il muscoloso, già soverchiato dalla furia dialettica degli altri due, per ora resta all’angolo.") Matrix, che è l’apoteosi dell’ambiguità, un labirinto da cui è difficile non uscire confusi e frastornati, ancor più se a guidarti c’è un personaggio sfuggente come Morpheus (Oneiros, the King of Dreams o Sandman, non a caso ispirato all’omonimo capolavoro di Neil Gaiman, e forse conoscere The Sandman aiuta a capire un po’ di più il Morpheus di Matrix ma anche Matrix stesso). Altro personaggio ambivalente è Neo (anagrammato The One, l’eletto), innocuo programmatore di giorno e abilissimo hacker di notte. Ambivalenti sono “The Wachowskis”, fratelli all’epoca dell’uscita del film e oggi sorelle. Ambivalente è la realtà che viene costruita, nella quale si annida una verità che neppure l’artista “che pure l’ha trovato esaltante” ha colto, una “inquietante verità, pronta a chiarirsi nel futuro.” E qui, nel giro, di poche righe, c’è uno splendido spostamento di punto di vista. Si passa da “nemmeno l’artista sa” a “Sai quando, artista?”, da un occhio esterno a un occhio interno che guarda dritto in camera, un occhio che dall’oggi, dal futuro, interroga il ragazzo artista nel passato. “Il vostro asfittico e nero Truman Show senza commedia ha al cuore la simulazione del mondo-come-è, e a questo punto come-era sul finire del Ventesimo secolo. Il 1999 come l’ultimo luogo sicuro. Lo era?” Nuova ambivalenza. Citando Steiner, il solitario, infatti, ci dice “il meglio si confonde con il peggio: a ogni epoca”. Più avanti, verso la fine della seconda puntata, abbiamo almeno altre due ambivalenze: una nuova compagna di classe che diventa “la ex suora” (dentro questo appellativo ci sono entrambe le sue identità) e la dichiarazione che consegna al solitario che “a questo punto non sa se questa è una cosa tenera o una cosa triste”. “Poi pensa soltanto: abbiamo sedici anni, ed è il Duemila.” È una cosa esaltante o una cosa triste? (“Così, se capita di pensare al mondo com’era alla fine del Ventesimo secolo, sente una stretta al cuore. Sente di avere perso qualcosa che non voleva perdere.”

(“l’arista a cena” è un refuso formidabile!)

Expand full comment
Ancora 5 commenti...

Nessun post