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Avatar di Claudia Lucca

Brividi sulla pelle, spilli che riacutizzano le sensazioni di questi giorni a fronte dei siti sessisti contro cui (finalmente!) sembra che si inizi ad agire seriamente. “Noi…siamo…maschiii!”. Che schifo. Questo significa “essere maschi”? Domare? Votare? Imbestialire? E stanotte lo scrittore - che è scrittore in tutto e per tutto, anche con un un piccolo, assolutamente trascurabile, “blocco” - lascia che un vento sardo che gli tocca il volto e la pelle muova il suo sguardo verso la superficie del mare. Ma sai, scrittore, che sei proprio bravo? Perché mentre dici di non voler fare il palombaro, non puoi rinunciare alla tua vera natura. E il palombaro lo fai lo stesso. La superficie del mare può essere blu o azzurra o verde acqua oppure può essere un “palpitare lontano di scaglie di mare”. E tu sei scrittore: ti “sta a cuore” il tuo personaggio, il solitario (sei tu ragazzo? O una potenziale versione di te? L’arte può tutto. Raccogliere, descrivere, trasformare). È un personaggio, ormai divenuto tale, che “sta a cuore” a tutti noi. E la sua “freddezza” a me sembra piena di fuoco. Ma soprattutto ho amato il modo in cui, da “acrobata profondo”, hai dipinto l’apparenza di Lei, scavando nelle sue azioni, nei suoi dialoghi con l’amica (dialoghi che ovviamente hai inventato tu!). Questo fa uno scrittore: ama i personaggi e ne scava la profondità, quella dell’animo e quella dell’apparenza. Perciò ti ringrazio. E di fronte a inizio ottobre che si avvicina sento un altro brivido. Piccolo ma c’è. Dici: “avremo tempo per approfondire”. In realtà il tempo che rimane è poco. Tu, come sempre, saprai gestire anche queste settimane. Ma io, invece, mi chiedo quanto mi mancherà questo appuntamento settimanale, che ormai attendo con curiosità bambina. Ecco che cosa fa uno Scrittore che pubblica romanzi a puntate su Substack: scandaglia tanto i tristi volti dell’oggi quanto il dentro e fuori dei propri personaggi; e trasforma in modo inatteso i non più impliciti lettori. Perciò ancora come sempre ti ringrazio.

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Avatar di Alma Gattinoni

Colpisce che in questo "gioco serio", definito esperimento, si possano leggere anche il tempo e il luogo di scrittura. Un privilegio nuovo, che aggiunge una dimensione coinvolgente al testo. L'autore si è ritagliato un varco nella rete e il petardo che esplode ogni settimana, con i suoi filamenti nel blu, è arrivato tardivo, ma con una luce tutta particolare, in una cascata di riflessi. Nel varco c'è una traccia diaristica manoscritta, da confrontare con la stesura successiva (non definitiva). Una frase di scrittore su un giornale di questi giorni e una frase anonima d'amore a lettere rosse su un muro scalcinato sono boe di salvataggio per l'ispirazione. L'irruzione del presente nella sfera del porno digitale rimane implicita, ma si staglia per confronto sullo sfondo del contesto culturale sessuofobico, infarcito di ipoteche ideologiche, comandamenti e ostracismi del tardo Novecento, ancora analogico, ma con propaggini dure a morire, nel "branco dei goliardi" pseudo-virili "castigatori" delle donne. La parte da romanzo-saggio verso il finale evoca i disastri dell'educazione, la solitudine tragica dell'incomunicabilità, di cui questa storia racconta in modo convincente gli effetti sulle persone giovani. Oltre l'aggancio alla trama, nel punto esatto con cui si era conclusa la puntata precedente, viene chiamato in causa il lettore, con le sue dichiarate aspettative sui "doveri" dello scrittore, "tenuto a scavare e ad andare a fondo" nella psicologia , nostra (per capire l'estraneo che ci portiamo dentro) e altrui (per capire l'imprevedibile delle "uscite e azioni" degli altri). La "stipatissima mansarda" della testa di un essere umano, la sua confusione, però, non si arrende e scopre una chiave in parole sorprendenti, che invitano a badare alle apparenze esterne, invece che alla "dannata macchina" interna del corpo, ostaggio del tempo. Quindi l'autore, che si trova in una spiaggia sarda, decide di sottrarsi al cliché del palombaro nel mare scuro dell'inconscio e di rimanere invece sulla superficie dell'acqua. Il contrasto tra "il perimetro della cameretta" e il fuori è risolto con l'apparente "imperturbabilità, indifferenza" del Solitario, rimproverato perché non soppesa bene il suo atteggiamento e sceglie il non detto nel dialogo con Lei. Lei, che non vuole fermarsi alle apparenze, è delusa dall'inerzia di lui, dal suo "nascondersi e scappare". Comincia così un'indagine degli indizi per costruire un identikit. "Freddo, ma delicato, composto, ordinato, non alza la voce, essenziale sul banco con i suoi quaderni e penne, libri foderati, non parla di sesso", nella sua percezione. "Innocuo", nella testimonianza dell'amica del cuore e nel verdetto ingeneroso del super-etero Muscoloso. Lei ricorda lo sconcerto del Solitario nel sentirla usare una frase volgare, non riuscendo a capire che a turbarlo non è l'espressione in sé, ma la prova visibile di una vita sessuale, non riuscendo a immaginare "le folate eccitanti, schifose" provate da lui. Soprattutto non riesce a decidere "se la cosa le dispiace", "cioè se le dispiace che a lui piacciano i ragazzi". Ha bisogno di tempo, come il suo autore, per ragionare, mentre il lettore sa degli effetti prorompenti della Lucy nel film di Bertolucci. Efficacissimo il sillogismo aumentato con cui Lei si arrovella nel mettere ordine ai suoi dubbi. A chiusura, "Il guru del maschio vincente" Frank T. J. Mackey (Tom Cruise) nel film "Magnolia", influencer ante litteram, inventore del programma televisivo "Seduci e distruggi", è osannato dal pubblico. Come sempre, il finale trova un'immagine sintetica che fa da elemento catalizzatore tra lo spessore temporale della storia, il modello culturale offerto dal cinema dell'epoca, il legame neanche tanto sotterraneo con il presente.

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