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Avatar di Rosaria Fiore

Non credo di potere né di volere dire nient'altro che grazie. Davvero grazie.

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Avatar di Alma Gattinoni

Esporsi alle "interferenze del presente" per l'autore non è deludere le aspettative delle lettrici e dei lettori, né disattendere ai propri propositi iniziali. L'evasione dalla gabbia delle puntate del venerdì è solo apparente. Forse l'autore vuole soltanto conferma di una sua profonda convinzione, "che il romanzo lasci spazio integrale alla realtà dei fatti", ma che per farlo abbia bisogno di una trama di riflessioni, personali e mediate dai maestri, impensabili senza le parole. Sempre più esplicita l'identificazione dell'autore con il solitario, sedicenne inventore dell'intervento sul Kosovo su un giornaletto locale, pieno di giovanile lirismo come reazione alle notizie di quei giorni. Fa parte dello statuto dello scrittore "per capire, affidarsi alle parole", rileggere un libro scritto decenni fa per illuminare la situazione storica di oggi. C'è nel parlare a chi legge oggi del libro "I sommersi e i salvati" di Primo Levi tutta la forza della propria formazione, le scelte esemplari della poetessa docente alla Sapienza, la rilettura adulta di quarantunenne con la sensibilità critica che si rivela importante strumento pedagogico, con davanti come classe una piattaforma vasta e variegata. Ciò che conta è radiografare e astrarre tra le righe il messaggio di Levi, proporlo come universale, ancora attualissimo, provare a "testimoniare per delega", a "riscattare quel dolore dei caduti che resterà senza parole". Così nella libertà di attraversare più piani temporali, che caratterizza il romanzo 1999, viene facile passare da Auschwitz al Kosovo a Gaza e pensare che "la partita delle autoassoluzioni collettive rispetto alle tragedie novecentesche e post novecentesche" non è finita. Servono ancora le parole per cercare di scalfire il senso frustrante di impotenza. Le parole piene e disperate, prive di retorica, di Levi e di chi continua a scrivere il suo romanzo, chiedendo a lettrici e lettori di considerare quanto uno scrittore non possa far a meno di misurarsi sulla "vergogna del mondo" del nostro presente, come quel sedicenne cominciava a intuire.

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