"Ripensaci". Le parole di László Krasznahorkai
Un vecchio dialogo con il futuro Nobel per la Letteratura
Irruzione imprevista. Ricordate la puntata di “1999” intitolata “Ripensaci”? Facevo riferimento all’intervista a uno scrittore. Alla domanda che il solitario (io) gli pose: che cosa direbbe all’esordiente che è stato? che cosa direbbe a quel ragazzo? La risposta era bella e malinconica. Quello scrittore - oggi sarebbe impossibile non svelarlo - era l’ungherese László Krasznahorkai. Gli è stato appena assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. Ho avuto la fortuna di intervistarlo diversi anni fa.
Qui il brano di “1999”:
“Niente è andato come sarebbe dovuto andare”, dirà un vecchio scrittore al solitario che lo sta intervistando per un giornale.
Allora il solitario gli porrà una domanda sciocca, una strana domanda che suonerà così: che cosa direbbe all’esordiente che è stato? che cosa direbbe a quel ragazzo?
Non lo so, risponderà lo scrittore. Credo che staremmo in silenzio per un po’, il ragazzo all’inizio della sua carriera e io, l’io che sono adesso, staremmo in piedi davanti al bancone con una bottiglia di birra in mano, a guardarci, a fissarci a lungo, tentando di non metterci a piangere.
Farà una pausa, poi aggiungerà: forse gli direi di ripensarci.
Ripensare a cosa?
Ripensarci. Ripensarci e basta. Gli direi di ripensarci e poi, una volta che l’avesse fatto, gli direi di ripensarci ancora, di provare a non mettersi a scrivere quel romanzo. Cercherei di convincerlo a rinunciare alla scrittura.
Il solitario, oggi, pensa che forse dovrebbe dire la stessa cosa al ragazzo che è stato. Ripensaci. Alza gli occhi. Ripensaci.
Alza gli occhi. Guarda il frutteto, oltre il giardino, che si slarga nel chiarore dei primi pomeriggi di gennaio, quando il cielo è sereno.
Qui un altro passaggio dell’intervista:
“Cosa mi aspetto dai miei lettori? La rivoluzione. La ribellione. Una capacità di essere inquieti. La magnanimità dell’irresponsabilità. Il buon gusto. Un bagaglio culturale che non mira a conquistare il potere. Ma tutto questo non è davvero ciò che mi auguro di ricevere dai miei lettori: questo è quello che auguro loro di ricevere. E lo dico con un sentimento di grande tranquillità nell’animo, perché so di non averli mai privati di nulla, soprattutto di non aver mai tolto loro una cosa – se ne avevano, o se ne hanno ancora –: la speranza. La speranza che esista una realtà narrabile, e che vivere in essa non sia vano.”



Che sorpresa, che regalo inaspettato e meraviglioso! Il potere profetico della letteratura. L'auspicio che fa Krasznahorkai è davvero bellissimo: non privare lettrici e lettori della "speranza che esista una realtà narrabile, e che vivere in essa non sia vano." Grazie davvero per averlo condiviso. Mi piace molto anche la foto che hai scelto, la trovo molto emblematica.
Dopo tutto, oggi è venerdì e, anche se 1999 apparentemente si è concluso, continua a mandare scintille sullo sfondo blu scuro. Quindi un invito a riflettere. Imprevisto e previsione (inconsapevole) per una volta non sbagliata. Due declinazioni del Tempo narrate dalla scrittura. La previsione inconsapevole si è incarnata in quel vecchio scrittore europeo senza nome, intervistato anni fa dall'autore. La posta in gioco era alta, con la domanda da porre al sé esordiente sull'opportunità di dedicare la vita alla scrittura. Preceduto da un lungo silenzio, il consiglio di "ripensarci e ripensarci" e infine rinunciare a scrivere è visto come spiazzante, perché "niente sarà all'altezza del sogno". Ma la realtà, come aveva assicurato Magris, supera a volte la letteratura. Lo scrittore anonimo ha un nome, Laszlo Krasznahorkai. Ha appena vinto il Premio Nobel della Letteratura e l'autore l'aveva ospitato nella quarta puntata di 1999, non prevedendo certo un esito così clamoroso. Ma è bello pensare che il lettore fortissimo che è in lui avesse invece intravisto qualche bagliore. Forse il segreto per arrivare a una sintesi sta nell'altro passaggio dell'intervista, in cui lo scrittore ungherese addolcisce i toni apocalittici con un augurio ai suoi lettori: "la speranza che esista una realtà narrabile, e che vivere in essa non sia vano". Nell'immagine presente in questo inatteso post scriptum a 1999, Laszlo Krasznahorkai ha uno sguardo intenso al di là del vetro della finestra. Dall'interno sa captare il profilo della realtà e raccontarla nella sua scrittura. Forse questo hanno capito e premiato, lassù a Stoccolma.