Questi capitoli 3 e 4 di “Matrix”, dopo l’interferenza del presente, sono un coacervo di tensioni concentriche a spirale, che aggirano con maestria i due temi principali del romanzo, il corpo e il tempo, e ne ricavano echi complessi di approfondimento, aprendo alla comparsa di nuovi personaggi contrassegnati solo da epiteti. Attenta ricerca di connessione collega ogni puntata, tenendo conto di alcune anticipazioni. La terza, “Il mondo com’era alla fine del Ventesimo secolo”, riprende lo spunto del riconoscimento a scuola dello scritto del muscoloso, l’ultimo nell’uso della parola, ma artefice dell’intuizione dal film Matrix sugli sviluppi e i pericoli della tecnologia. In realtà va detto che l’insegnante dà un giudizio positivo sul tema, senza aver visto il film. Sullo sfondo della classe “la ragazza fin qui non menzionata” che “ha già imparato a non temere la nudità”, poco coinvolta nel dibattito, insegue il suo gioco ironico di immaginazione dei corpi nudi dei tre compagni. Il solitario riconquista il primato di intelligenza, sottraendosi alla mortificante accusa di spettatore assonnato del film con il suo modo delicato di imporsi, citando George Steiner sul timore dei nuovi secoli bui, il mito delle epoche d’oro del passato e il loro rimpianto, per poi interpretare Matrix come un allarmistico monito sull’anima distruttiva della tecnologia. Ma l’artista sente, senza saperlo spiegare, che c’è ben altro. C’è “annidata una inquietante verità pronta a chiarirsi nel futuro” ed è anche presente un poetico dettaglio struggente nell’ipertrofica macchina apocalittica del film. Morpheus, dalla fine del Ventiduesimo secolo svela all’Eletto che la realtà è una fittizia realtà parallela, ripetizione della vita com’era alla fine del Ventesimo secolo. Ma lo “stravolgimento che attendeva i novecenteschi” era annidato, nascosto, come la cimice che in Matrix si infila nell’ombelico di Neo. Sul desktop di Windows c’era invece un tempo nuovo e vorticoso, “la Grande Accelerazione”, la sorprendente invenzione dell’io digitale e dello smaterializzarsi della materia, il nuovo impalpabile canale per parole immagini suoni e la transeunte vita degli oggetti, con la loro lenta inesorabile scomparsa. Così la fede nella durata delle cose si infrange, alla fine del Ventesimo secolo, contro un senso di perdita, che lascia una stretta al cuore. La quarta puntata, “L’ultimo capodanno”, vede tramontare insieme un secolo e un millennio nella notte del Millennium Bug. Mentre la Regina Elisabetta finge di cantare la canzone dell’addio ai tempi andati e la veste di un bianco elettrico del Papa Giovanni Paolo II si affaccia dalla finestra di San Pietro, la cena-festa dal “compagno con casa libera” si trasforma in una “curiosa bolla di malizia afrodisiaca”, che passa da un corpo all’altro. In particolare, in quest’ultima sera del 1999, ultima sera di secolo e di millennio, il solitario si avvicina alla ragazza “ex-suora” (con tanga inaspettatamente visibile sotto i jeans) che gli strappa la strana promessa, tenera e triste, di un avvenire condiviso, se saranno ancora soli a venticinque o trenta anni. Ma questa proiezione nel futuro a due lascia il posto a un’esplosione rumorosa di felicità collettiva e poi a un momento individuale ed emozionante, in una più grande aspettativa di inizio, con la dimensione giusta di un sedicenne sullo spartiacque della storia. Nell’intreccio di percezioni temporali si insinua il tempo di scrittura dell’autore, in un andirivieni di suggestioni aurorali ritornanti, con esiti sempre più limpidi, dai romanzi del passato ("Dove eravate tutti", "Una storia quasi solo d’amore") a questo esperimento in atto.
Puntata doppia, questa. Un bottino ricco per noi lettrici e lettori affezionati. Se volessi cercare un comune denominatore a questi due episodi, direi la trasformazione ma anche l’ambiguità del cambiamento, la sua ambivalenza. Si parte dal passato e dalla discussione su Matrix innescata dal muscoloso e poi proseguita dall’artista e dal solitario ("Il muscoloso, già soverchiato dalla furia dialettica degli altri due, per ora resta all’angolo.") Matrix, che è l’apoteosi dell’ambiguità, un labirinto da cui è difficile non uscire confusi e frastornati, ancor più se a guidarti c’è un personaggio sfuggente come Morpheus (Oneiros, the King of Dreams o Sandman, non a caso ispirato all’omonimo capolavoro di Neil Gaiman, e forse conoscere The Sandman aiuta a capire un po’ di più il Morpheus di Matrix ma anche Matrix stesso). Altro personaggio ambivalente è Neo (anagrammato The One, l’eletto), innocuo programmatore di giorno e abilissimo hacker di notte. Ambivalenti sono “The Wachowskis”, fratelli all’epoca dell’uscita del film e oggi sorelle. Ambivalente è la realtà che viene costruita, nella quale si annida una verità che neppure l’artista “che pure l’ha trovato esaltante” ha colto, una “inquietante verità, pronta a chiarirsi nel futuro.” E qui, nel giro, di poche righe, c’è uno splendido spostamento di punto di vista. Si passa da “nemmeno l’artista sa” a “Sai quando, artista?”, da un occhio esterno a un occhio interno che guarda dritto in camera, un occhio che dall’oggi, dal futuro, interroga il ragazzo artista nel passato. “Il vostro asfittico e nero Truman Show senza commedia ha al cuore la simulazione del mondo-come-è, e a questo punto come-era sul finire del Ventesimo secolo. Il 1999 come l’ultimo luogo sicuro. Lo era?” Nuova ambivalenza. Citando Steiner, il solitario, infatti, ci dice “il meglio si confonde con il peggio: a ogni epoca”. Più avanti, verso la fine della seconda puntata, abbiamo almeno altre due ambivalenze: una nuova compagna di classe che diventa “la ex suora” (dentro questo appellativo ci sono entrambe le sue identità) e la dichiarazione che consegna al solitario che “a questo punto non sa se questa è una cosa tenera o una cosa triste”. “Poi pensa soltanto: abbiamo sedici anni, ed è il Duemila.” È una cosa esaltante o una cosa triste? (“Così, se capita di pensare al mondo com’era alla fine del Ventesimo secolo, sente una stretta al cuore. Sente di avere perso qualcosa che non voleva perdere.”
Forse ha ragione proprio quella ragazza in fondo all’aula. “Le piace stare nuda per ancorarsi a se stessa”. Spoglia i suoi compagni e ride di fronte ai corpi che immagina. Ha ragione lei, perché è del corpo che abbiamo bisogno. Quando vidi Matrix (non solo non mi addormentai ma mi piacque molto… avevo però una decina d’anni in più dei nostri protagonisti) ebbi bisogno di toccare il mio corpo appena uscita dal cinema: chi ero io? che corpo era quello in cui ero vissuta per anni? Il corpo scivola via come sabbia fra le mani. Oggi sempre di più: l’Intelligenza Artificiale è una voce incorporea che dice di poter confortare e aiutare ciascuno di noi. Ma nel 1999 i corpi c’erano. Necessario ancorarsi. Anche perché il corpo chiede di essere abitato. E invece il solitario non abita il bacio, quello che gli dà l’ex suora. Forse non lo fa, come lui stesso scriverà un po’ di anni dopo, perché era una delle ragazze “sbagliate”. Ma credo che non avrebbe dovuto lasciarla andare, anzi avrebbe dovuto dirle, lui, “Ti prego non muoverti restiamo tutta la vita così” (ma lo capirà dieci anni dopo). Quell’abbraccio andava abitato, per ancorarsi al 1999 prima di saltare nel 2000, in questo millennio fatto di scomparsa di oggetti, di dematerializzazione, di corpi trasformati in schermi durante un lockdown, di corpi modificati e falsificati. E in tutto questo bisogno di corpo, nasce in me una domanda. Ma alla festa di Capodanno lei, quella col maglione viola, che forse però non è nemmeno lei quella giusta, ma lei c’era? E poi, il tema sull’ormai famoso set cinematografico, che fine ha fatto? Mannaggia ai giochi dello scrittore! Attendo di leggere la prossima puntata e, come sempre, ringrazio.
All'ombra ancorata a Matrix, ritroviamo i protagonisti di questo bel romanzo a puntate. Il tema odierno è rivolto alla diversità, in fondo, a come ognuno rivolge i propri desideri e le proprie aspettative dall'entrata dell'anno duemila. Sogni futuri, tecnologia più avanzata, nuovi film, perchè no, potrebbero starci anche quelli. E nuove emozioni, ciò che si lascia e ciò che si prenderà. Un senso di sconforto insieme a qualcosa che possa rinnovarsi in meglio...dubbi, quindi nella testa di un solitario, di un muscoloso di un artista, nella testa di tutti.
Rimpianti, ottimismo, nuove avventure, cosa potrà portare il nuovo millennio ? All'oscuro delle considerazioni, si sogna, e soprattutto si spera. Così fanno i giovani in cerca di sviluppi anche
corporali, un pene che cresce con gli anni, un bacio per iniziare una nuova sensazione. Rimane tutto
in forse, sospeso, come nuvola che non sa dove sia diretta. Di sicuro, rimane quel Matrix, magari con un'altra edizione piena di nuovi marchingegni da stupire. Ecco lo stupore aspetta alle porte, altro elemento abbinato al senso di un abbandono, come abbandonare una vecchia nave e prenderne una nuova. Dove ci porterà? Solo l'autore con i suoi inserti autobiografici, immancabili, direi, ci saprà condurre per mano in questa avventura. E' mezzanotte, scatta il duemila, con le sue novità, o delusioni...chissà.
È il primo bacio? E non gli arriva dalla tenera e fragile che desidera? Ma la desidera? Certo che la desidera. E non c’è stata ancora la gita, e non c’è stato ancora il tema in classe, il miglior tema in classe che ha scritto Lei, il più bello di tutti. La scena del dibattito con le visioni dei nudi della “stramba” all’ultimo banco continua, dovrà continuare, che canaglia lo scrittore che nel raccontarsi "tira la corda" e mischia i piani degli eventi, nello stesso attimo che accadono, nello stesso capodanno del primo giorno del nuovo millennio. Una vita, un anno, un mese, un giorno, una scena, Passato e presente in momenti che si fanno romanzo. Azzolo, della foto del quotidiano, a parte il direttore che oggi firma documentari su Lenin alla 7, mi ha colpito una informazione che avevo completamente dimenticato, la copia di un quotidiano il 31 dicembre 1999 costa 2200 lire (ma forse era un numero speciale), già un euro e dieci, come costa oggi più o meno, come se il 25 anni non ci fosse stata nessuna inflazione, invece l’inflazione dei sentimenti e delle emozioni in queste due belle puntate sono dei vortici impazziti tra la filosofia e l’inutilità della filosofia nell’attimo che si vive. Già, sedici anni, il futuro che si fa indietro, la matrix che diventa discussione e un futuro che ripetitivo si fa prigione con un fine pena mai che è la nostalgia del sapore di un piatto di spaghetti al dente mentre la realtà è una pasta scotta e un bacio che sostituisce quello desiderato, nella notte che scoppia la festa, la solita festa anche se è una data speciale, insieme la fine di un secolo e di un millennio. Ma come per la discussione sul tema in classe, così non può che continuare anche la fine della festa e l'alba del nuovo giorno, il primo del 2000. Lo so che non si fa, ma lo dico perché, puntata dopo puntata come lettore che ammira il protagonista e la corda che tira allo spasimo, strusciando per terra e volando nel cielo, con nostalgia che oscilla tra rudezza e commozione, tra rabbia e poesia, protagonista nel commento ci sentiamo un pò anche noi coraggiosi nei commenti a lasciare pensieri che si aggrovigliano nella lettura, almeno per me è così e mi lascio andare. Non si fa ma lo dico, chi è nato molto prima ha punti di vista e di ricordo diversi, essendo io del ‘66 nel ‘99 avevo gli anni del Cristo morto sulla croce. Lui risorge e io rinasco, nel ‘99 mi risposo (il primo tanto brutto quanto bello il secondo) e nel ‘99 entro per concorso all’università e divento un “privilegiato” dipendente pubblico, nel ‘99 mio principe erede Daniele fa 9 anni ed è un campioncino a Magic, a Worcraft, in rete navigo con uno stupefacente modem a 56k che suonava prima della connessione, desiderando l’ISDN che non è una droga. Lo vado a prendere un sabato sì e uno no a scuola e passiamo il week end insieme a giocare e giocare e giocare... Per me il ‘99 è stato un salto di livello in questo gioco straordinario che è la vita, un gioco tra sparatutto, costruttori di battaglie e città, imperi e labirinti magici della mente che continua a sognare. Grazie Paolo: il mio primo bacio è stato con un’amichetta tra le amichette, in mezzo al mare, in estate prima del terremoto dell’80, io straccione dalla spiaggia libera, loro bellissime con la cabina e i genitori al lido, e non ci siamo dati appuntamento, e non ci siamo visti più.
Forse, il senso di questa densissima puntata può essere letto nel PASSARE DEL TEMPO, e nella sofferenza che ci dà il connesso CAMBIAMENTO (gli oggetti, il giornale cartaceo - con i suoi fogli tesaurizzati - stretto al braccio della gente "vecchissima") quando ci accorgiamo di aver perso qualcosa che non volevamo perdere. Ma, più che le parole di Steiner, è il senso di falsità che ci trasmette il vivere "com'era il mondo nel 1999" in Matrix, a farci capire che il cambiamento non deve spaventarci: è il ritmo stesso dell'esistere (spermatozoo, morula, embrione...), del nostro esistere: l'avere 16 anni in una notte di Capodanno, o 30 quando si andrà a vivere insieme a qualcun altro, o magari 70... La letteratura, ancora una volta, ci rivela a noi stessi, e ci consola.
Questi capitoli 3 e 4 di “Matrix”, dopo l’interferenza del presente, sono un coacervo di tensioni concentriche a spirale, che aggirano con maestria i due temi principali del romanzo, il corpo e il tempo, e ne ricavano echi complessi di approfondimento, aprendo alla comparsa di nuovi personaggi contrassegnati solo da epiteti. Attenta ricerca di connessione collega ogni puntata, tenendo conto di alcune anticipazioni. La terza, “Il mondo com’era alla fine del Ventesimo secolo”, riprende lo spunto del riconoscimento a scuola dello scritto del muscoloso, l’ultimo nell’uso della parola, ma artefice dell’intuizione dal film Matrix sugli sviluppi e i pericoli della tecnologia. In realtà va detto che l’insegnante dà un giudizio positivo sul tema, senza aver visto il film. Sullo sfondo della classe “la ragazza fin qui non menzionata” che “ha già imparato a non temere la nudità”, poco coinvolta nel dibattito, insegue il suo gioco ironico di immaginazione dei corpi nudi dei tre compagni. Il solitario riconquista il primato di intelligenza, sottraendosi alla mortificante accusa di spettatore assonnato del film con il suo modo delicato di imporsi, citando George Steiner sul timore dei nuovi secoli bui, il mito delle epoche d’oro del passato e il loro rimpianto, per poi interpretare Matrix come un allarmistico monito sull’anima distruttiva della tecnologia. Ma l’artista sente, senza saperlo spiegare, che c’è ben altro. C’è “annidata una inquietante verità pronta a chiarirsi nel futuro” ed è anche presente un poetico dettaglio struggente nell’ipertrofica macchina apocalittica del film. Morpheus, dalla fine del Ventiduesimo secolo svela all’Eletto che la realtà è una fittizia realtà parallela, ripetizione della vita com’era alla fine del Ventesimo secolo. Ma lo “stravolgimento che attendeva i novecenteschi” era annidato, nascosto, come la cimice che in Matrix si infila nell’ombelico di Neo. Sul desktop di Windows c’era invece un tempo nuovo e vorticoso, “la Grande Accelerazione”, la sorprendente invenzione dell’io digitale e dello smaterializzarsi della materia, il nuovo impalpabile canale per parole immagini suoni e la transeunte vita degli oggetti, con la loro lenta inesorabile scomparsa. Così la fede nella durata delle cose si infrange, alla fine del Ventesimo secolo, contro un senso di perdita, che lascia una stretta al cuore. La quarta puntata, “L’ultimo capodanno”, vede tramontare insieme un secolo e un millennio nella notte del Millennium Bug. Mentre la Regina Elisabetta finge di cantare la canzone dell’addio ai tempi andati e la veste di un bianco elettrico del Papa Giovanni Paolo II si affaccia dalla finestra di San Pietro, la cena-festa dal “compagno con casa libera” si trasforma in una “curiosa bolla di malizia afrodisiaca”, che passa da un corpo all’altro. In particolare, in quest’ultima sera del 1999, ultima sera di secolo e di millennio, il solitario si avvicina alla ragazza “ex-suora” (con tanga inaspettatamente visibile sotto i jeans) che gli strappa la strana promessa, tenera e triste, di un avvenire condiviso, se saranno ancora soli a venticinque o trenta anni. Ma questa proiezione nel futuro a due lascia il posto a un’esplosione rumorosa di felicità collettiva e poi a un momento individuale ed emozionante, in una più grande aspettativa di inizio, con la dimensione giusta di un sedicenne sullo spartiacque della storia. Nell’intreccio di percezioni temporali si insinua il tempo di scrittura dell’autore, in un andirivieni di suggestioni aurorali ritornanti, con esiti sempre più limpidi, dai romanzi del passato ("Dove eravate tutti", "Una storia quasi solo d’amore") a questo esperimento in atto.
Puntata doppia, questa. Un bottino ricco per noi lettrici e lettori affezionati. Se volessi cercare un comune denominatore a questi due episodi, direi la trasformazione ma anche l’ambiguità del cambiamento, la sua ambivalenza. Si parte dal passato e dalla discussione su Matrix innescata dal muscoloso e poi proseguita dall’artista e dal solitario ("Il muscoloso, già soverchiato dalla furia dialettica degli altri due, per ora resta all’angolo.") Matrix, che è l’apoteosi dell’ambiguità, un labirinto da cui è difficile non uscire confusi e frastornati, ancor più se a guidarti c’è un personaggio sfuggente come Morpheus (Oneiros, the King of Dreams o Sandman, non a caso ispirato all’omonimo capolavoro di Neil Gaiman, e forse conoscere The Sandman aiuta a capire un po’ di più il Morpheus di Matrix ma anche Matrix stesso). Altro personaggio ambivalente è Neo (anagrammato The One, l’eletto), innocuo programmatore di giorno e abilissimo hacker di notte. Ambivalenti sono “The Wachowskis”, fratelli all’epoca dell’uscita del film e oggi sorelle. Ambivalente è la realtà che viene costruita, nella quale si annida una verità che neppure l’artista “che pure l’ha trovato esaltante” ha colto, una “inquietante verità, pronta a chiarirsi nel futuro.” E qui, nel giro, di poche righe, c’è uno splendido spostamento di punto di vista. Si passa da “nemmeno l’artista sa” a “Sai quando, artista?”, da un occhio esterno a un occhio interno che guarda dritto in camera, un occhio che dall’oggi, dal futuro, interroga il ragazzo artista nel passato. “Il vostro asfittico e nero Truman Show senza commedia ha al cuore la simulazione del mondo-come-è, e a questo punto come-era sul finire del Ventesimo secolo. Il 1999 come l’ultimo luogo sicuro. Lo era?” Nuova ambivalenza. Citando Steiner, il solitario, infatti, ci dice “il meglio si confonde con il peggio: a ogni epoca”. Più avanti, verso la fine della seconda puntata, abbiamo almeno altre due ambivalenze: una nuova compagna di classe che diventa “la ex suora” (dentro questo appellativo ci sono entrambe le sue identità) e la dichiarazione che consegna al solitario che “a questo punto non sa se questa è una cosa tenera o una cosa triste”. “Poi pensa soltanto: abbiamo sedici anni, ed è il Duemila.” È una cosa esaltante o una cosa triste? (“Così, se capita di pensare al mondo com’era alla fine del Ventesimo secolo, sente una stretta al cuore. Sente di avere perso qualcosa che non voleva perdere.”
(“l’arista a cena” è un refuso formidabile!)
Forse ha ragione proprio quella ragazza in fondo all’aula. “Le piace stare nuda per ancorarsi a se stessa”. Spoglia i suoi compagni e ride di fronte ai corpi che immagina. Ha ragione lei, perché è del corpo che abbiamo bisogno. Quando vidi Matrix (non solo non mi addormentai ma mi piacque molto… avevo però una decina d’anni in più dei nostri protagonisti) ebbi bisogno di toccare il mio corpo appena uscita dal cinema: chi ero io? che corpo era quello in cui ero vissuta per anni? Il corpo scivola via come sabbia fra le mani. Oggi sempre di più: l’Intelligenza Artificiale è una voce incorporea che dice di poter confortare e aiutare ciascuno di noi. Ma nel 1999 i corpi c’erano. Necessario ancorarsi. Anche perché il corpo chiede di essere abitato. E invece il solitario non abita il bacio, quello che gli dà l’ex suora. Forse non lo fa, come lui stesso scriverà un po’ di anni dopo, perché era una delle ragazze “sbagliate”. Ma credo che non avrebbe dovuto lasciarla andare, anzi avrebbe dovuto dirle, lui, “Ti prego non muoverti restiamo tutta la vita così” (ma lo capirà dieci anni dopo). Quell’abbraccio andava abitato, per ancorarsi al 1999 prima di saltare nel 2000, in questo millennio fatto di scomparsa di oggetti, di dematerializzazione, di corpi trasformati in schermi durante un lockdown, di corpi modificati e falsificati. E in tutto questo bisogno di corpo, nasce in me una domanda. Ma alla festa di Capodanno lei, quella col maglione viola, che forse però non è nemmeno lei quella giusta, ma lei c’era? E poi, il tema sull’ormai famoso set cinematografico, che fine ha fatto? Mannaggia ai giochi dello scrittore! Attendo di leggere la prossima puntata e, come sempre, ringrazio.
Il gioco è tirare la corda…
All'ombra ancorata a Matrix, ritroviamo i protagonisti di questo bel romanzo a puntate. Il tema odierno è rivolto alla diversità, in fondo, a come ognuno rivolge i propri desideri e le proprie aspettative dall'entrata dell'anno duemila. Sogni futuri, tecnologia più avanzata, nuovi film, perchè no, potrebbero starci anche quelli. E nuove emozioni, ciò che si lascia e ciò che si prenderà. Un senso di sconforto insieme a qualcosa che possa rinnovarsi in meglio...dubbi, quindi nella testa di un solitario, di un muscoloso di un artista, nella testa di tutti.
Rimpianti, ottimismo, nuove avventure, cosa potrà portare il nuovo millennio ? All'oscuro delle considerazioni, si sogna, e soprattutto si spera. Così fanno i giovani in cerca di sviluppi anche
corporali, un pene che cresce con gli anni, un bacio per iniziare una nuova sensazione. Rimane tutto
in forse, sospeso, come nuvola che non sa dove sia diretta. Di sicuro, rimane quel Matrix, magari con un'altra edizione piena di nuovi marchingegni da stupire. Ecco lo stupore aspetta alle porte, altro elemento abbinato al senso di un abbandono, come abbandonare una vecchia nave e prenderne una nuova. Dove ci porterà? Solo l'autore con i suoi inserti autobiografici, immancabili, direi, ci saprà condurre per mano in questa avventura. E' mezzanotte, scatta il duemila, con le sue novità, o delusioni...chissà.
È il primo bacio? E non gli arriva dalla tenera e fragile che desidera? Ma la desidera? Certo che la desidera. E non c’è stata ancora la gita, e non c’è stato ancora il tema in classe, il miglior tema in classe che ha scritto Lei, il più bello di tutti. La scena del dibattito con le visioni dei nudi della “stramba” all’ultimo banco continua, dovrà continuare, che canaglia lo scrittore che nel raccontarsi "tira la corda" e mischia i piani degli eventi, nello stesso attimo che accadono, nello stesso capodanno del primo giorno del nuovo millennio. Una vita, un anno, un mese, un giorno, una scena, Passato e presente in momenti che si fanno romanzo. Azzolo, della foto del quotidiano, a parte il direttore che oggi firma documentari su Lenin alla 7, mi ha colpito una informazione che avevo completamente dimenticato, la copia di un quotidiano il 31 dicembre 1999 costa 2200 lire (ma forse era un numero speciale), già un euro e dieci, come costa oggi più o meno, come se il 25 anni non ci fosse stata nessuna inflazione, invece l’inflazione dei sentimenti e delle emozioni in queste due belle puntate sono dei vortici impazziti tra la filosofia e l’inutilità della filosofia nell’attimo che si vive. Già, sedici anni, il futuro che si fa indietro, la matrix che diventa discussione e un futuro che ripetitivo si fa prigione con un fine pena mai che è la nostalgia del sapore di un piatto di spaghetti al dente mentre la realtà è una pasta scotta e un bacio che sostituisce quello desiderato, nella notte che scoppia la festa, la solita festa anche se è una data speciale, insieme la fine di un secolo e di un millennio. Ma come per la discussione sul tema in classe, così non può che continuare anche la fine della festa e l'alba del nuovo giorno, il primo del 2000. Lo so che non si fa, ma lo dico perché, puntata dopo puntata come lettore che ammira il protagonista e la corda che tira allo spasimo, strusciando per terra e volando nel cielo, con nostalgia che oscilla tra rudezza e commozione, tra rabbia e poesia, protagonista nel commento ci sentiamo un pò anche noi coraggiosi nei commenti a lasciare pensieri che si aggrovigliano nella lettura, almeno per me è così e mi lascio andare. Non si fa ma lo dico, chi è nato molto prima ha punti di vista e di ricordo diversi, essendo io del ‘66 nel ‘99 avevo gli anni del Cristo morto sulla croce. Lui risorge e io rinasco, nel ‘99 mi risposo (il primo tanto brutto quanto bello il secondo) e nel ‘99 entro per concorso all’università e divento un “privilegiato” dipendente pubblico, nel ‘99 mio principe erede Daniele fa 9 anni ed è un campioncino a Magic, a Worcraft, in rete navigo con uno stupefacente modem a 56k che suonava prima della connessione, desiderando l’ISDN che non è una droga. Lo vado a prendere un sabato sì e uno no a scuola e passiamo il week end insieme a giocare e giocare e giocare... Per me il ‘99 è stato un salto di livello in questo gioco straordinario che è la vita, un gioco tra sparatutto, costruttori di battaglie e città, imperi e labirinti magici della mente che continua a sognare. Grazie Paolo: il mio primo bacio è stato con un’amichetta tra le amichette, in mezzo al mare, in estate prima del terremoto dell’80, io straccione dalla spiaggia libera, loro bellissime con la cabina e i genitori al lido, e non ci siamo dati appuntamento, e non ci siamo visti più.
Forse, il senso di questa densissima puntata può essere letto nel PASSARE DEL TEMPO, e nella sofferenza che ci dà il connesso CAMBIAMENTO (gli oggetti, il giornale cartaceo - con i suoi fogli tesaurizzati - stretto al braccio della gente "vecchissima") quando ci accorgiamo di aver perso qualcosa che non volevamo perdere. Ma, più che le parole di Steiner, è il senso di falsità che ci trasmette il vivere "com'era il mondo nel 1999" in Matrix, a farci capire che il cambiamento non deve spaventarci: è il ritmo stesso dell'esistere (spermatozoo, morula, embrione...), del nostro esistere: l'avere 16 anni in una notte di Capodanno, o 30 quando si andrà a vivere insieme a qualcun altro, o magari 70... La letteratura, ancora una volta, ci rivela a noi stessi, e ci consola.